Immagino che la domanda suoni inopportuna, tanto più se fatta a tu-per-tu:
“Sei contento di questi giorni, della tua e nostra vita, di ciò che stai e stiamo vivendo?”.
La risposta a tutt’oggi pare scontata: “Certo che no!”. Come si può essere lieti nelle morse delle necessarie misure anti-contagio e nella consapevolezza delle prove enormi che segnano persone e famiglie, aziende e territori dell’intera famiglia umana…?
A questi attuali motivi di scontentezza ognuna/o ha inoltre sicuramente da aggiungerne altri, che appesantiscono la vita personale, di coppia, di lavoro…
Provo – in un esperimento di immaginazione – a retrodatare la domanda a due anni fa. Come avremmo risposto allora al medesimo interrogativo? Non sono certo che la risposta sarebbe stata comunque positiva, pur non essendo allora nella situazione di emergenza-covid che ci tiene ora in scacco e pur abitando noi già allora uno degli angoli più benestanti del pianeta.
Sfoglio il dizionario e scopro che “contento” significa “soddisfatto e lieto di ciò che si fa o che si riceve”. Il senso delle parole, come sempre, invita a scavare sotto la superficie. La fonte che ci fa contenti – contenti davvero! – non è nel contesto che ci circonda, tantomeno nelle sue condizioni di agio o disagio. Si può essere profondamente scontenti anche quando tutto va bene e si può essere contenti – anche se doloranti– nel fare tutto il possibile per vivere bene una vicenda difficile.
Il segreto è tutto in quel “vivere bene”; la questione è di quale “vita” ci si scopre parte, a quale sorgente ci si abbevera, dentro quale abbraccio si desidera rimanere, su quale orizzonte sono aperti i sentieri che ci si attenta a percorrere. A questo livello di profondità la domanda suona ben diversa e, intercettata dall’annuncio di Pasqua, può portare alle labbra una risposta che mai ci saremmo sognati di dare, tantomeno quest’anno: “Sì, contenti!”.
don Marco