Testo del contributo di Michele del 29 Ottobre 2021
ATTI 10
Leggendo questo lungo brano dal capitolo 10 di Atti, sono tante le parole e i passaggi che colpiscono e provocano, dando davvero l’impressione che siamo capitati in un brano “chiave”, una sorta di pietra miliare, grazie alla quale siamo legati a tutto quanto è successo prima nei Vangeli e siamo anche “tirati” verso quello che poi fiorirà dopo.
C’è un aspetto che però più di tutti mi ha colpito e fatto riflettere ed è il desiderio di incontro che tutti i protagonisti del racconto manifestano in maniera molto intensa. Un desiderio che li spinge anche a superare steccati e muri addirittura, costruiti sul pregiudizio, che li spinge a “non fare differenze”, che li spinge alla fine, ad una vera e profonda professione di fede.
Cornelio prima e Pietro dopo, sono i protagonisti quindi di un grande incontro, tra due mondi diversi innanzitutto, ma anche tra due caratteri diversi ma riescono, nonostante tutto, a “trovarsi”, a camminare su sentiero comune, riescono ad ascoltarsi e a trovare il punto d’intesa.
È emblematico parlare di questo adesso, soprattutto in tempo di pandemia, quando ancora adesso facciamo fatica davvero a ricominciare ad incontrare le persone,.perchè abbiamo ancora timore, paura …
Ma non per questo credo dobbiamo smettere di incontrare le persone, non dobbiamo smettere di dare linfa a quella che Papa Francesco chiama “la cultura dell’incontro”, che ha bisogno, per essere vera ed autentica, di parole sincere, di cuore aperto e disponibile, di mente aperta e consapevole, di fiducia e rispetto.
Mi viene in mente, mentre scorre il filo della mia riflessione, ciò che un giorno mi disse il mio vicino di casa, Issiaga, ragazzo giovane del Mali che è venuto ad abitare quest’anno proprio di fianco al nostro appartamento. Isi, come anche le mie figlie lo chiamano come se fosse nostro amico da sempre, ogni tanto passa da noi e viene a fare due chiacchere e stare un po’in compagnia dopo una dura giornata di lavoro in officina; bene, un giorno, ci disse che, dopo tutto quello che aveva passato nel suo paese che lo aveva spinto a scappare e poi attraversare l’inferno della Libia, aveva imparato che non serviva a nulla chiudersi in se stessi e che se voleva farsi degli amici nuovi in Italia, doveva lui stesso fare il primo passo e parlare con le persone, discutere con loro, sorridere e scherzare, imparare quindi a stare con loro in maniera sincera.
Questo suo proposito, mi aveva da subito dato l’idea, nella sua semplicità, che stavo di fronte a una persona molto saggia e grande e che mi stava dando, inconsapevolmente certo, una lezione e mi stava facendo “scendere dal pero” si dice…
Forse allora bisognerebbe ripartire da quel desiderio di incontro, senza fare differenze, come ci hanno insegnato Pietro e Cornelio che non hanno smesso di provarci , mai.